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By: UnicaRadio.it
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Radio degli studenti universitari di Cagliari. Mission del media è raccontare il movimento culturale e la città nei suoi molteplici aspetti© Unica Radio Music Social Sciences
Episodes
  • Da Cagliari in Kazakistan con una Fiat uno per solidarietà
    Jul 12 2025
    Dalla Sardegna all’Asia Centrale, passando per Praga, in un rally che racconta il mondo che cambia con l’ironia di una Fiat Uno. Un viaggio che è anche un progetto sociale e culturale.

    Un’associazione sarda con una visione globale, un’auto leggendaria e la voglia di attraversare mezzo mondo. È così che Federico Gaviano e Luca Frongia, insieme a Gianghi e Duncan, hanno deciso di festeggiare i 25 anni di TDM, realtà attiva tra mobilità internazionale, educazione interculturale e progetti sociali. La loro avventura prende il nome di Mongol Rally, una folle corsa non competitiva che unisce equipaggi da tutto il mondo in un viaggio epico: dalla Sardegna fino al Kazakistan, passando per Praga e l’Asia centrale, a bordo di un’auto simbolo del passato italiano, la mitica Fiat Uno, ribattezzata “Fiamma”. Segui il progetto https://linktr.ee/tdmislanders

    La Mongol Rally 2025 è un rally non competitivo, senza premi, regole fisse o supporto tecnico. Ogni equipaggio viaggia con veicoli economicamente e meccanicamente inadatti, attraversando frontiere, deserti, catene montuose e città dimenticate. Lo scopo è umanitario e ambientale: raccogliere fondi per l’organizzazione benefica Cool Earth, che protegge le foreste tropicali e le comunità che le abitano. Il progetto TDM 25 Islanders è anche un omaggio ai 25 anni dell’associazione TDM 2000, con un team composto da giovani provenienti dalla Sardegna e da Malta.

    viaggio sostenibile, comunicazione dal vivo e spirito comunitario: il rally è anche un progetto sociale

    L’idea nasce per gioco, ma si trasforma presto in una sfida logistica, culturale e organizzativa. Dalla preparazione meccanica, curata da Gianghi, all’organizzazione dei documenti e dei visti per affrontare territori complessi come l’Iran, il Turkmenistan o la Russia. Duncan, architetto e presidente di TDM Malta, completa l’equipaggio con competenze tecniche e uno spirito profondamente legato alla Sardegna.

    L’auto, soprannominata Fiamma, incarna l’ironia del progetto: un veicolo "nuovo e perfetto"… solo nello slang di Cagliari. Ogni suo cigolio è una promessa di guasti e aneddoti da raccontare.

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    Un post condiviso da TDM 2000 Mongol Rally 2025 Team (@mongolrallytdm25)

    L’equipaggio del TDM 25 Islanders Mongol Rally riunisce quattro personalità complementari, unite dalla voglia di esplorare, raccontare e affrontare l’imprevisto con ingegno e spirito solidale. A guidare la spedizione c’è Luca Frongia, presidente di TDM2000, promotore dell’impresa e principale pilota del team, con il compito di tracciare la rotta dall’Europa al cuore dell’Asia centrale. Al suo fianco Federico, giornalista e comunicatore, è il cronista ufficiale della spedizione: documenterà l’intera avventura, trasformando strade, soste e incontri in un racconto collettivo.

    Parte fondamentale della squadra è Giangi, esperto in tecnologie, riparazioni e soluzioni ingegnose, pronto a intervenire in ogni situazione tecnica con creatività e prontezza. Infine Duncan, architetto e ingegnere maltese, co-pilota e logista, con una lunga esperienza internazionale e un ruolo chiave nell’organizzazione e nella tenuta dell’equipaggio. Quattro ruoli diversi, una sola missione: portare la loro mitica Fiat Uno “Fiamma” fino in Kazakistan, sostenendo nel frattempo il progetto ambientale Cool Earth.

    Mongol Rally non è solo un viaggio su quattro ruote: è un gesto simbolico e concreto per promuovere cause sociali e ambientali. Ogni squadra, infatti, si impegna a raccogliere fondi per sostenere progetti di responsabilità sociale, e TDM ha scelto di supportare Cool Art, iniziativa che fonde arte, sostenibilità e inclusione. Federico, giornalista e voce dell’avventura, cura la comunicazione social, condividendo ogni tappa via Instagram (@mongolrally_tdm_25), blog e GPS tracker, dove chiunque può seguire l’equipaggio in tempo reale.

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    10 mins
  • Mark Hill e il Giallo della Strage di Bologna
    Jul 11 2025
    L’autore di Mitchell Rose and the Bologna Massacre, Mark Hill, si racconta ai microfoni di Unica Radio

    Unica Radio ha avuto il piacere di ospitare Mark Hill, autore del romanzo Mitchell Rose and the Bologna Massacre, per una conversazione approfondita sul suo nuovo e avvincente giallo. Il libro si immerge in un periodo cruciale della storia italiana, esplorando decenni di intrecci tra criminalità organizzata, servizi segreti e politica. Liberamente ispirato alla tragica strage di Bologna del 1980, il romanzo introduce un protagonista affascinante: il detective privato Mitchell Rose, londinese che si muove tra Milano e Bologna in cerca di verità.

    L'Ispirazione Nata dalla Storia

    L’idea del romanzo nasce da un incontro casuale ma potente con la storia italiana. Hill ha raccontato che l’ispirazione per scrivere è arrivata durante un corso d’inglese tenuto per un gruppo di giudici a Bologna, nel 2019. Lì, il tema della strage del 1980 è emerso con forza.

    “Mi ha preso talmente tanto,” ha confessato l’autore, da spingerlo a un’approfondita ricerca durata anni. Il lavoro è proseguito anche durante la pandemia, attraverso lo studio di testi di saggistica e documentazione storica.

    L'autore ha percepito che l’intero episodio era ricco di materiale narrativo, e che le molteplici teorie del complotto rappresentavano terreno fertile per una narrazione gialla. Pur mantenendo libertà creativa, Hill ha costruito una trama solida e documentata.

    Il Processo Creativo: Disciplina e Revisione

    Scrivere un romanzo di tale portata ha richiesto metodo e costanza. Hill ha descritto la sua routine quotidiana di scrittura: ogni mattina, per quattro ore, si dedicava al lavoro senza accettare altri impegni. Seduto al PC, iniziava semplicemente a scrivere.

    Ha realizzato file dettagliati per i personaggi, costruito l’intreccio narrativo e lavorato a più riprese sul testo, aggiungendo dialoghi e rivedendo la struttura. Il processo ha richiesto circa quattro mesi per una prima bozza.

    Hill sottolinea che “riscrivere è molto più difficile che scrivere” e confessa di essere severo con se stesso, anche disposto a scartare intere sezioni se non soddisfacenti. Il suo mantra è chiaro: “Devo rivedere, rivedere e sempre rivedere.”

    L'Unicità di Mitchell Rose: Angoscia e Fragilità

    Mitchell Rose è un uomo guidato dalla necessità di portare a termine un compito, di aiutare chi incontra, ma sempre mantenendo un approccio pragmatico. C’è una rete di complessità che lo circonda, ma che lui stesso fatica a comprendere.

    Anche se estraneo alla politica e diffidente verso le teorie del complotto, Rose finisce per leggere il mondo in termini di schieramenti, di “noi e loro”. La sua progressione nella vita è fatta di passi lenti e ostacoli, proprio come tanti investigatori della narrativa noir. Ma ciò che lo distingue è la sua umanità, la sua angoscia, la sua fragilità. Ed è proprio questa dimensione emotiva a creare un legame forte tra il protagonista e il lettore.

    La Soddisfazione della Pubblicazione e il Pubblico

    Il momento in cui un autore riceve la conferma da un editore è sempre speciale. Hill ha descritto la sua reazione alla proposta di Walless Publishing come un mix di gioia e orgoglio: “Sono stato contento, felice, orgoglioso di aver creato qualcosa che fosse considerato valido da una casa editrice importante.”

    Il romanzo si rivolge a diversi tipi di lettori: appassionati di crime, amanti del giallo, ma anche chi è interessato alla politica o desidera approfondire un periodo storico controverso. Attualmente disponibile in lingua inglese, Mitchell Rose and the Bologna Massacre sta riscuotendo un buon successo anche in Italia, segno che la storia ha saputo colpire nel segno.

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    7 mins
  • “Mannoi”, le campane di Irgoli diventano un documentario
    Jul 10 2025
    Un viaggio profondo nella tradizione campanaria di Irgoli, dove i rintocchi non scandiscono solo il tempo, ma raccontano la vita di una comunità intera. Un documentario umano e toccante che nasce da un’eredità familiare e diventa restituzione collettiva.

    Nel cuore della Sardegna, le campane di Irgoli non si limitano a segnalare l’ora o l’arrivo di una festa. Sono memoria viva, suono collettivo, passaggio tra generazioni. Da questa consapevolezza nasce Mannoi, il documentario di Riccardo Santorsola e Irene Coni, presentato in anteprima nella piazza del paese, come un dono restituito alla comunità da cui ha preso forma. Un progetto realizzato con il contributo del comune di irgoli. L’idea prende vita grazie a Luca Lai, giovane campanaro e amico degli autori, che desiderava conservare le suonate del nonno. Da qui, la trasformazione da semplice registrazione a narrazione cinematografica collettiva.

    Per Irene Coni, musicologa, è stato naturale esplorare le diversità stilistiche delle suonate, notando come ogni campanaro sviluppi un tocco personale, trasmettendo non solo tecnica ma anche sensibilità. In Mannoi si osserva come bambini di sei o sette anni inizino a suonare, affiancati dagli anziani in un passaggio di saperi che non ha bisogno di parole. È una scuola spontanea, costruita su sguardi, suoni e gesti che resistono al tempo e alle trasformazioni.

    Suonare per raccontare, tramandare per unire

    Nel documentario emerge con forza il valore intergenerazionale della pratica campanaria. I giovani si ispirano ai più esperti, li imitano, li affiancano. Sorprende scoprire che in un paese piccolo come Irgoli esistano più scuole di suonata, ciascuna con le sue sfumature. Cinque campane, oggi, ma solo tre vengono suonate a mano: ogni rintocco cambia in base al contesto – lutto, festa, battesimo – come se raccontasse una pagina diversa della vita comunitaria.

    Le riprese, spesso all’interno del campanile, sono state rese possibili grazie al legame personale con la comunità. Questo ha permesso uno sguardo intimo, autentico, rispettoso. L’unico ostacolo reale è stato lo spazio angusto del campanile, ma anche questo ha restituito forza e ritmo al racconto. Il documentario solleva anche interrogativi sul ruolo delle donne: nessuna ha mai suonato, ma nulla vieta che possa accadere. La forza fisica non è un limite, conta la resistenza e il desiderio di esserci.

    Un documentario che restituisce emozioni a una comunità

    Mannoi ha mostrato due Pasque, a distanza di un anno: nella prima, solo Luca e il nonno; nella seconda, il campanile era pieno. Una crescita che dà speranza per il futuro. Riccardo racconta della rotazione spontanea dei suonatori durante le cerimonie, del rispetto delle tempistiche sacre, dell’attesa del canto a concordu. Irene, invece, sottolinea l’importanza della restituzione pubblica, perché chiunque potesse fermarsi a guardare e sentire. Durante la proiezione in piazza, il silenzio collettivo ha detto tutto: attenzione, rispetto, emozione. Un cinema all’aperto che ha unito e commosso.

    La colonna sonora, curata insieme a musicisti e etnomusicologi, ha arricchito il racconto, dando corpo e profondità al patrimonio sonoro del paese. Mannoi non è solo un documentario: è un atto d’amore per Irgoli, una finestra aperta su una cultura che ancora resiste, vive e si trasmette.

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    15 mins
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